Affidarsi a un partner esterno o mantenere tutto sotto controllo interno? Outsourcing o produzione interna? Make or buy? Questo è il bivio strategico che sempre più aziende del lusso si trovano ad affrontare. Delegare a fornitori esterni può sembrare rischioso, ma offre flessibilità e competitività in mercati in continua evoluzione. Nell’industria del lusso, dove la qualità e la velocità sono imperativi, siamo certi che produrre “in casa” sia sempre la scelta migliore?
La scelta tra produrre internamente (Make) o ricorrere all’outsourcing (Buy) di parte del ciclo produttivo rappresenta una delle decisioni più critiche per qualsiasi azienda, indipendentemente dal settore o dall’industria. Questa scelta incide direttamente su costi, margini, qualità e tempi di consegna. Non esiste una soluzione universale: in alcuni contesti è vantaggioso mantenere il controllo interno, mentre in altri l’outsourcing offre maggiore flessibilità e specializzazione.
Entrambe le strategie offrono vantaggi e presentano sfide. Optare per il Make consente un maggiore controllo su ogni fase di lavorazione, monitorando quotidianamente l’avanzamento della produzione. L’outsourcing, invece, è ideale per attività altamente specializzate, permettendo al personale interno di concentrarsi su fasi a maggior valore aggiunto.
Dal punto di vista dei costi, la convenienza dipende dalla tipologia di lavorazione. Non è sempre vero che “farlo in casa” sia più economico rispetto all’outsourcing, soprattutto se richiede un impegno significativo di risorse umane interne. La scelta dipende anche dal grado di complessità della lavorazione: attività di alta qualità o altamente specializzate possono beneficiare dell’esternalizzazione.
Un altro fattore determinante è rappresentato dalle condizioni del mercato di riferimento, che possono influenzare la convenienza di una soluzione rispetto all’altra.
È quindi fondamentale analizzare come il modello Make or Buy, e in particolare l’outsourcing, si inserisca nella filiera del lusso, un contesto che richiede equilibrio tra qualità artigianale e flessibilità produttiva per competere in un mercato in continua evoluzione.
Sfide e rischi dell’outsourcing: cosa considerare prima di delegare
La situazione attuale della filiera del lusso è tristemente nota. Gli anni 2023 e 2024 sono stati segnati da numerose chiusure aziendali, cassa integrazione e licenziamenti collettivi, colpendo duramente ogni distretto produttivo e settore merceologico. Questi fenomeni derivano dall’onda lunga post-Covid, che ha depresso una crescita insostenibile nel lungo periodo. Il risultato? Brand con scorte di magazzino enormi, ingenti quantità di invenduto e un drastico blocco di nuove commesse per i fornitori storici.
In questo contesto, la pianificazione della produzione rappresenta la sfida più grande. I brand hanno smesso di garantire la visibilità sulle commesse future, rendendo difficile per i fornitori pianificare investimenti e risorse. Sebbene gli ordini continuino ad arrivare, sono le richieste di prototipia a dominare, accompagnate da tempistiche di consegna sempre più brevi e stringenti.
Per affrontare questa instabilità, le aziende devono valutare attentamente il modello make or buy, combinando produzione interna e outsourcing per garantire flessibilità operativa. In uno scenario così competitivo, solo le organizzazioni capaci di adattarsi rapidamente saranno in grado di sopravvivere e crescere, bilanciando qualità artigianale e agilità produttiva per rispondere alle richieste di un mercato sempre più esigente.
Outsourcing o produzione interna? Riflessioni per la filiera di domani

Flessibilità. Una qualità cruciale per il successo nella filiera del lusso, che richiede alle aziende la capacità di cambiare rapidamente strategie e organizzazioni produttive, adattandosi a un mercato sempre più imprevedibile. Dal punto di vista industriale, la flessibilità significa mantenere una struttura snella, concentrata sulle fasi a più alto valore aggiunto, quelle in cui è fondamentale esercitare un controllo diretto.
Per i fornitori diretti dei brand, il dilemma make or buy diventa centrale: quali fasi produttive devono rimanere “fatte in casa” e quali possono essere affidate all’outsourcing? La risposta sta nell’equilibrio: costruire sub-filiere veloci, affidabili e reattive è la chiave per mantenere visibilità e reputazione agli occhi dei brand. Questo approccio, che i brand stessi adottano da tempo con i propri fornitori, deve ora essere abbracciato anche dai fornitori diretti, per evitare di trasformarsi in strutture rigide e costose, incapaci di adattarsi alla mutevolezza dell’industria del lusso.
Negli ultimi anni, molte aziende, spinte dall’euforia post-pandemia, hanno investito pesantemente in assunzioni, strutture e attrezzature. Tuttavia, il 2024 ha riportato i livelli di fatturato a quelli pre-Covid, con costi operativi nettamente superiori. Questo scenario evidenzia l’importanza del modello make or buy, che consente di bilanciare flessibilità e controllo attraverso un uso strategico dell’outsourcing.
Tuttavia, lasciare il controllo di alcune fasi produttive non è semplice per i fornitori diretti. La paura di perdere know-how, qualità e controllo diretto è ancora radicata. Serve un cambio di mentalità: i fornitori diretti devono riconoscere il loro ruolo centrale nella filiera. Non solo rappresentano il primo livello di contatto con i brand, ma fungono anche da porta d’ingresso per i piccoli sub-fornitori nella supply chain.
Per i piccoli laboratori artigianali, ricevere una commessa da un fornitore diretto equivale a un’opportunità d’oro: è spesso l’unico modo per accedere alla catena produttiva di un brand, dato che i brand raramente interagiscono direttamente con fornitori minori. Attraverso il sub-appalto, i grandi fornitori possono mantenere la flessibilità necessaria per competere, garantendo al contempo la qualità richiesta.
La chiave per superare il problema culturale del Buy sta nella consapevolezza della propria forza. I fornitori diretti hanno le risorse per selezionare, monitorare e plasmare i loro sub-fornitori, trasformandoli in partner affidabili. Agli occhi dei piccoli laboratori, il fornitore diretto è quasi indistinguibile dal brand stesso. Questo posizionamento privilegiato può essere sfruttato per creare rapporti di outsourcing strategici, incentrati su controllo, qualità e tempi di consegna ottimizzati.
In sintesi, i fornitori diretti devono utilizzare la loro posizione dominante per costruire una rete di collaborazioni calibrate, monitorate e orientate alle fasi giuste della produzione. Solo così potranno mantenere la flessibilità necessaria per affrontare le sfide future, adattandosi con successo alla complessità della filiera del lusso.
Il futuro della filiera del lusso: flessibilità e partnership strategiche
Lo scenario attuale, caratterizzato da incertezze e mancanza di pianificazione, richiede alla filiera del lusso un ripensamento dei modelli di produzione e approvvigionamento. La parola chiave è flessibilità: il futuro appartiene a chi saprà bilanciare con efficacia il make or buy, mantenendo internamente le fasi a più alto valore aggiunto e delegando all’outsourcing quelle ripetitive o a minor impatto sul margine di prodotto. L’esternalizzazione permette inoltre di bloccare facilmente determinate lavorazioni in caso di fluttuazioni della domanda.
La mission di fasonista è facilitare questo equilibrio, aiutando le imprese a trovare il partner giusto e costruire relazioni di valore. In un Paese dove le piccole e medie imprese manifatturiere rappresentano un’eccellenza, creare sub-filiere agili e affidabili diventa la chiave per essere competitivi agli occhi dei brand. Flessibilità e outsourcing strategico sono gli strumenti per garantire il successo nel mercato del lusso di domani.
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